Dal 2 giugno è disponibile in libreria e negli store online l’Atlante Geopolitico Mediterraneo dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, giunto alla sua XI edizione. Quest’anno, il focus specifico è dedicato alla competizione USA-Cina nel Mare nostrum, con due saggi di approfondimento firmati da Gregory Alegi e Stefano Pelaggi. Gli analisti dell’OSMED hanno invece curato le schede di attualità degli 11 Paesi della regione.
Pochi spazi geografici possono raccontare la storia e l’evoluzione delle società umane meglio del Mar Mediterraneo. Culla di antiche civiltà e teatro di scontri e rivalità, luogo senza tempo di traffici commerciali e naturale piattaforma di scambi economici e incroci culturali, a una lettura sincronica e diacronica non può sfuggire come il Mare nostrum abbia rappresentato uno dei centri di gravità del continuo dipanarsi della storia, né come sia stato per secoli fattore centrale nelle equazioni di potenza e nella definizione dei rapporti di forza.
Negli ultimi due decenni si è tuttavia fatta strada la convinzione che un destino diverso attenda il Mediterraneo, oramai relegato a mare provinciale che con le sue acque bagna un quadrante periferico della Terra, appendice della competizione globale il cui baricentro si è irrimediabilmente spostato verso l’Oceano Pacifico. Tesi che ha senza dubbio un suo fondamento, ma che così declinata appare fuorviante o comunque semplicistica, perché nel mondo iperconnesso in cui tutto si tiene, trascurare un mare che si pone come naturale punto di incontro tra Europa, Asia e Africa, che rimane bacino di tensioni irrisolte dall’elevato potenziale destabilizzante, e dai cui porti passa una quota non trascurabile del commercio marittimo globale – inclusi petrolio e gas – sarebbe un errore imperdonabile per chiunque aspiri al ruolo di grande potenza.
Nel 2012, in una fase in cui sempre più studiosi e centri di ricerca indirizzavano la loro attenzione verso altre aree geografiche, l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” avvertì prima di altri la necessità di mantenere vivo il dibattito sul Mediterraneo, di stimolare una riflessione approfondita sul suo futuro, di analizzare le tante criticità ma anche l’enorme potenziale ancora ampiamente inespresso – dal punto di vista politico, economico, strategico, energetico – di un’area che non può lasciarci indifferenti, perché dalla sua storia dipende la nostra storia, come italiani e come europei. I tumulti delle Primavere arabe avevano appena riacceso i riflettori sulla sponda meridionale e sud-orientale del Mediterraneo, ma l’analisi non poteva limitarsi a una valutazione di corto respiro, come se ciò che stava accadendo fosse mera cronaca: occorreva tenere alta l’attenzione, sensibilizzare l’opinione pubblica con un lavoro continuo di informazione e analisi, sollecitare i policymakers a intraprendere iniziative risolute ed efficaci, ponendo il Mare nostrum al centro della nostra politica estera e di sicurezza.
Con questo spirito e con questi obiettivi vide dunque la luce la prima edizione dell’Atlante Geopolitico del Mediterraneo, proponendosi come assoluta novità editoriale alla quale sia gli addetti ai lavori che la comunità dei lettori si accostarono con curiosità e interesse. Da quell’intuizione è trascorso molto tempo, ma nel corso degli anni l’impegno dell’Istituto si è continuamente rinnovato, arricchendosi di un presidio permanente – l’Osservatorio sul Mediterraneo (OSMED) – quotidianamente impegnato nel monitoraggio delle principali vicende politiche, economiche, sociali, culturali e securitarie che animano il bacino del nostro mare.
L’undicesima edizione dell’Atlante Geopolitico del Mediterraneo – disponibile dal 2 giugno nelle librerie e negli store online – è anche la terza in cui gli analisti dell’OSMED hanno avuto un ruolo fondamentale, con la redazione delle schede di attualità dedicate agli 11 Paesi della sponda meridionale e sud-orientale del bacino, sotto la guida dei due curatori del volume, Francesco Anghelone e Andrea Ungari, e l’attenta supervisione del direttore dell’Osservatorio, il Prof. Gianluigi Rossi.

E se la precedente edizione – la decima – si era focalizzata sul ruolo e sulla proiezione dell’Italia nel Mediterraneo, a cui il Piano Mattei intende dare nuova e indispensabile linfa, quest’anno l’attenzione è concentrata sul Mare nostrum come arena di competizione tra grandi potenze, con i saggi di apertura della sezione Approfondimenti affidati a Gregory Alegi – che ha analizzato il ruolo storico e l’attuale posizionamento degli Stati Uniti nel Mediterraneo – e a Stefano Pelaggi, che si è soffermato sull’interesse sempre più dinamico della Cina verso il Mediterraneo allargato.
Ampio resta ovviamente lo spazio dedicato agli Stati della regione, con undici Schede Paese articolate in una parte storica e in una dedicata all’attualità (aggiornamento al 28 febbraio 2025), nella consapevolezza che il presente può essere pienamente compreso solo con un’adeguata conoscenza del passato. L’analisi degli avvenimenti dell’ultimo anno si struttura – per ciascun Paese – in una disamina delle dinamiche interne, in un approfondimento delle principali questioni economiche e sociali e in una ricostruzione delle vicende di politica estera e di sicurezza, con un costante dialogo tra le parti ulteriormente arricchito da un importante corredo di statistiche e dati. A chiusura dell’Atlante – insieme ai sempre preziosi suggerimenti bibliografici – la sezione dei Dialoghi Mediterranei, nella quale Federica Saini Fasanotti, Giuseppe Dentice e Shirin Zakeri hanno esaminato le ricadute dello sgretolamento del regime siriano di Bashar al-Assad sugli equilibri regionali, con particolare attenzione alle strategie di Russia, Turchia e Iran.
Intanto, i fermenti nella regione continuano: dopo una breve tregua, le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza sono riprese con drammatica intensità, e anche la Cisgiordania è in ebollizione. Consci degli spillover del conflitto, Egitto e Giordania provano a lavorare con la diplomazia, ma hanno categoricamente escluso di poter avallare una soluzione che contempli il trasferimento forzato nei loro territori di milioni di palestinesi. La Siria sta invece affrontando un difficile percorso di transizione, con Ahmed al-Sharaa che per ora gode di un’importante apertura di credito da parte delle cancellerie occidentali ma deve affrontare pericolose tensioni interne. Il Libano, dopo un prolungato stallo istituzionale, sta provando a rimettersi in sesto, ma gli equilibri restano sempre estremamente precari, e il rischio di una riapertura del fronte conflittuale con Israele resta in agguato. In Turchia poi, dopo una fase di riapertura del dialogo tra il presidente Recep Tayyip Erdoğan e l’opposizione del Partito popolare repubblicano (CHP), lo scontro si è nuovamente acuito a seguito dell’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu, anche se il capo dello Stato può celebrare lo storico annuncio della deposizione delle armi da parte del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che ha optato per l’autoscioglimento. E ancora, l’instabilità continua ad attraversare la Libia, dove cricche contrapposte sembrano più interessate alla conservazione dei loro interessi che a restituire speranza ai cittadini, mentre l’Algeria sta vivendo una delle fasi di maggiore tensione diplomatica con l’ex madrepatria francese dal conseguimento dell’indipendenza.
Fernand Braudel scrisse che il Mediterraneo è un crocevia antico e che da millenni «tutto è confluito verso questo mare, scompigliando e arricchendo la sua storia». Lo scompiglio, alla luce delle vicissitudini più recenti, purtroppo rimane; la speranza è che in un futuro non troppo lontano, questa regione torni ad arricchirsi e ad arricchirci con il suo straordinario patrimonio.
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La Redazione